Le Grandi Purghe
Le “Grandi Purghe”


Ogni qual volta si parli dell’URSS e del cosiddetto socialismo “reale”, si finisce per parlare delle purghe del 36-38, ma il problema è che raramente si fa un’analisi seria e marxista di tale fenomeno, e senza la solita retorica anticomunista. Essendo quindi un argomento trattato troppo spesso con superficialità o con diffamazioni propagandistiche create ad hoc per gettar fango sull’URSS e di conseguenza sul comunismo, giustificando o magari abbellendo ipocritamente i regimi borghesi e reazionari, occorre fare un minimo di chiarezza, analizzando il fenomeno dal suo inizio al suo termine, dalle cause alle conseguenze.
Va detto, innanzitutto, del soffocante accerchiamento dei paesi capitalisti. In un primo tempo cercarono di eliminare il neonato Stato sovietico tramite l’intervento militare esterno, successivamente, sconfitti, furono costretti a cambiare strategia, puntando sulla tecnica del cavallo di Troia, introducendo infiltrati fra le file del Partito Bolscevico o nell’apparato militare sovietico, si pensi ad esempio alla “quinta colonna” nazista che permise in molti paesi lo sfaldamento politico-militare di questi, con una conseguente maggior facilità di conquista e sottomissione da parte del’esercito tedesco. Va inoltre aggiunto che una volta sconfitta la classe borghese, la sua resistenza passiva continuò con l’infiltrazione di arrivisti, sabotatori, disfattisti e opportunisti che, coperti da una vile maschera, riuscirono a raggiungere ruoli importanti, imponendo la loro visione borghese e controrivoluzionaria sia negli atti pratici sia in quelli teorici.
Dopo questa premessa direi di andare direttamente alla causa scatenante delle purghe e cioè l’assassinio di Kirov, numero due del partito. Sergei Kirov fu assassinato nel suo ufficio di Leningrado il 1° dicembre 1934 e se fino a quel momento si pensava che il peggio potesse essere passato, ci si dovette ricredere per via dei fatti che mettevano seriamente in guardia, poiché si pensava ad un possibile inizio di un colpo di Stato. Alcuni ne approfittarono per far passare Stalin come il mandante dell’assassinio (difatti l’omicidio di Kirov o viene taciuto o viene presentato nella versione propagandistica pervenuta a noi tramite guerra fredda) ma ciò viene smentito sia dal colonnello Tokaev, allora membro di un organizzazione anticomunista, che aveva seguito da vicino i preparativi dell’attentato, sia da Ljuskov, ex agente della NKVD fuggito poi in Giappone. Si scoprì subito l’assassino, un tale Nikolaev, che espulso dal partito aveva mantenuto la tessera, con la quale riuscì a entrare nell’ufficio di Kirov. Solamente nel giugno del 36’ si ebbero le prove dell’esistenza di un'organizzazione segreta composta da Zinoviev, Kamenev e vari trozkisti (Radek, Smirnov, Golcman, Sokolnikov, Preobrazenskij ecc...) che ricevevano lettere di complotto proprio dal loro leader (Trozki). D’altronde è noto in qual modo Trozki odiasse Stalin e la dirigenza bolscevica e allora perché meravigliarsi di certe azioni? Perché stupirsi dell’organizzazione antipartito e antisovietica a cui lui scriveva ordini e direttive? Non per niente fra i membri c’era anche suo figlio Sedov. Per giunta fu proprio il bollettino di Trozki a pubblicare delle relazioni di Golcman e Smirnov, sotto pseudonimo.
Il governo sovietico si trovò dunque davanti a prove inoppugnabili riguardo all'esistenza di un complotto che avrebbe distrutto man mano lo Stato sovietico fino a ricondurlo nelle mani delle classi sfruttatrici o in quelle del nemico tedesco, a cui Trozki strizzava l’occhio, non per niente nel 34’ era in trattativa con i nazisti e gli promise concessioni territoriali tra cui l’Ucraina, probabilmente in caso di colpo di Stato.
Trovate dunque le prove iniziarono i processi a cui assisterono oltre a cittadini sovietici anche giornalisti e ambasciatori stranieri e tutti poterono constatare la veridicità delle confessioni e in quale tranquillità si svolsero tali processi, addirittura qualche accusato si lasciò andare e sorrise al pubblico (ad esempio Radek). Più che processi sembravano chiarimenti come se l’unico scopo di quelle discussioni, perché per certi versi quello sembravano, fosse chiarire per filo e per segno come fossero andati i fatti, quale fosse la verità. Si scelse la confessione perché in realtà gli accusati furono convinti con documenti e testimonianze che negare era pressoché inutile, inoltre fu scelta la confessione proprio perché i processi dovevano essere i più chiari e diretti possibili così che tutto il popolo potesse rendersi conto di ciò che stava accadendo, poiché furono fatti proprio per il popolo, altrimenti avrebbero potuto benissimo falsificare i documenti e presentarli come reali.
C’è chi dice che fu usata la tortura per estorcere le confessioni, ma questa teoria sembra crollare davanti alle condizioni fisiche e morali che avevano gli imputati, costatate chiaramente dal pubblico. A certi suscitò qualche dubbio il modo in cui confessarono, ma ciò è dovuto per lo più all’accento russo che tradotto ha un’accezione strana, cortese e possiamo dire anche sentimentale. Altra accusa che viene mossa a tali processi è quella di essere stati uno strumento repressivo di una soffocante burocrazia ma lo storico borghese J. Arch. Getty non sembra essere affatto d’accordo e nel suo libro disse proprio che la grande purga”non era stata il prodotto di una burocrazia fossilizzata che eliminava dei dissidenti e distruggeva dei vecchi rivoluzionari radicali. In realtà, è possibile che le purghe fossero proprio il contrario. Non è incompatibile con i dati disponibili argomentare che le purghe fossero una reazione radicale, anche isterica, contro la burocrazia. I funzionari ben sistemati erano eliminati dal basso e dall’alto in un’ondata caotica di volontarismo e puritanesimo rivoluzionario.” Origins of the great purges - Cambridge University Press, 1985, pag 176
Sicuramente, fra le tante accuse, avrete sentito dire dell’eliminazione totale della “vecchia guardia bolscevica”, ma se andiamo a vedere i dati, non possiamo che renderci conto di tali menzogne. Nel 34' c'erano circa 182.600 "vecchi bolscevichi", nel 39' se ne contavano 125.000. La grande maggioranza, il 69%, era quindi rimasta nel Partito. C'era stata durante i 5 anni , una perdita di 57.000 persone, cioè il 31%. Alcuni erano morti per cause naturali, altri erano stati espulsi, altri ancora giustiziati. E' chiaro inoltre che non venivano epurati perchè fossero "vecchi bolscevichi", mi sembra, quindi, alquanto banale rifarsi a certi pregiudizi.
Non bisogna tralasciare nemmeno il fatto che gli accusati che avevano creduto in Trozki, al contrario di questi, poterono vedere in prima persona le conquiste e le vittorie ottenute dallo Stato sovietico e furono costretti dalla realtà dei fatti ad ammettere il fallimento di certe teorie trozkiste, e se certi non si allontanarono in un primo momento da queste organizzazioni ciò è dovuto prevalentemente all’impossibilità di uscirne o alla semplice fedeltà verso essa e verso Trozki. Interessante anche quando, durante il processo, Radek disse che lui e gli altri membri si sarebbero recati dalla polizia se questa non fosse venuta a prenderli prima, e ciò non è affatto da escludere poiché lo stesso complotto venne scoperto grazie ad amici degli accusati che si erano recati dalla polizia. Coloro che tramavano però non erano solamente eminenti figure di partito, ma anche dirigenti e operai industriali che si davano al sabotaggio, i quali potevano essere benissimo residui di ex classi sfruttatrici ostili al regime sovietico come potevano essere infiltrati o semplici idealisti rimasti scontenti, insomma di tipi d'infiltrati e sabotatori ce ne erano a iosa e sarebbe interessante esaminarli uno ad uno con relative fonti e testimonianze, ma per ragioni di spazio e tempo non lo faremo in questo articolo, tali fenomeni sono comunque riscontrabili soprattutto nelle testimonianze degli ingegneri americani, fra cui John Littlepage e John Scott, i quali portarono ottime testimonianze e segnalazioni riguardo il sabotaggio negli Urali, quello in Kazakistan e quello a Magnitogorsk.
Come si può ben vedere tali infiltrazioni e complotti avvenivano in più settori dello Stato sovietico da quello politico a quello amministrativo ed economico per finire in quello militare di cui parleremo fra poco.
Già in quegli anni si sentiva quanto potesse essere vicina la guerra e i sovietici sapevano che, in vista anche dell’opprimente accerchiamento capitalista, alla fine sarebbero stati attaccati, inoltre proprio in quegli anni si stava affermando la Germania nazista a cui venne concesso il riarmo e finanziamenti dalle potenze “democratiche”.
Non pochi giornalisti, scrittori e osservatori stranieri rilevarono come le purghe diedero un forte colpo alla “quinta colonna” nazista, soprattutto nell’apparato militare e ciò fu fondamentale anche per le sorti della guerra e dell’URSS. Per i controrivoluzionari era fondamentale infiltrare e avere rapporti con ufficiali delle file dell’Armata Rossa così da essere agevolati per un colpo di Stato in vista della guerra, come fece ad esempio l’organizzazione di Radek, Pjatakov, Rykov e Bucharin, per citarne alcuni, tra l’altro quest’ultimo temeva giustamente una deriva bonapartista, pensando soprattutto al maresciallo Tuchacevskij, filo-tedesco, le cui tendenze bonapartiste e militariste vennero rivelate oltre che da Bucharin, che lo definì “piccolo Napoleone in potenza”, anche dall’anticomunista Churchill, dal trozkista Deutscher e dai gerarchi nazisti Degrelle e Goebbels, che dovettero amaramente ammettere l’efficacia di tali purghe sia nell’apparato militare sia in quello politico ed economico. L’epurazione dell’apparato militare fu fondamentale per la resistenza sovietica, che altrimenti sarebbe stata probabilmente sopraffatta con l’aiuto rilevante di questi traditori, come, di fatto, avvenne in altri paesi dell’Europa orientale. Al livello militare vale la pena citare anche l’organizzazione clandestina anticomunista di cui il già citato Tokaev faceva parte e che aveva rapporti in particolare con il gruppo di Bucharin, con Tuchacevskij e con il capo della NKVD Jagoda, il quale venne processato insieme alla maggioranza dei membri di tali organizzazioni. Le infiltrazioni negli apparati di sicurezza e di quelli degli affari interni (NKVD) fecero si che molti controrivoluzionari riuscirono a salvarsi mentre molti buoni compagni processati ingiustamente.
Gli eccessi dunque sono innegabili ma queste epurazioni permisero di salvare la vita di milioni di sovietici, poiché, in caso di successo dei complotti, il loro destino sarebbe stato probabilmente la morte e la sottomissione ai nazisti. I morti sovietici quindi sarebbero diventati molti di più di quei 20 milioni di caduti nella seconda guerra mondiale, di cui ci si dimentica spesso.
Riguardo agli errori commessi penso sia interessante questa citazione tratta da una risoluzione del Comitato Centrale nel gennaio del 1938, che chiarisce meglio la posizione del Partito davanti a queste epurazioni e la situazione in cui si trovava lo Stato sovietico:
"Il Plenum del Comitato Centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica (bolscevico) ritiene necessario richiamare l'attenzione degli organi del Partito e dei loro dirigenti sul fatto che, pur indirizzando la maggior parte dei loro sforzi verso l'epurazione dei loro ranghi dagli agenti trozkisti e di destra del fascismo, commettono errori e incorrono in serie degenerazioni che nuocciono all'epurazione del partito dagli agenti doppiogiochisti, dalle spie e dai sabotatori. Malgrado le direttive e i ripetuti avvertimenti del Comitato Centrale, gli organismi del Partito in molti casi adottano orientamenti completamente sbagliati ed espellono dei comunisti dal Partito con criminale leggerezza. (...) Tra i comunisti c'è sempre un certo numero di comunisti-carrieristi che non sono stati scoperti e smascherati. Cercano di acquisire importanza e di ottenere una promozione caldeggiando delle espulsioni dal Partito, punendo dei membri del Partito; cercano di premunirsi da eventuali accusi di mancanza di vigilanza reprimendo in modo indiscriminato membri del Partito. (...) Questo genere di comunisti carrieristi, sempre alla ricerca di favori,semina in modo indiscriminato il panico riguardo ai nemici del popolo; durante le riunioni del Partito sono sempre pronti a reclamare insistentemente e a voce alta l'espulsione di membri del Partito per ragioni formali oppure addirittura senza alcuna ragione. (...) Bisogna allontanare dai loro posti e rendere responsabili dei loro atti quei dirigenti del Partito che espellono dei membri senza verificare con cura tutta la documentazione e che assumono un atteggiamento arbitrario verso i membri. (...) Inoltre sono stati vagliati numerosi casi di nemici del popolo camuffati, sabotatori e agenti doppiogiochisti, che organizzano, a scopo di provocazione, la deposizione di accuse calunniose contro membri del Partito e, con la scusa della “vigilanza rafforzata”, cercano di espellere dal Partito comunisti devoti e onesti. Possono così deviare i colpi dalla loro persona e restare nelle loro posizioni nei ranghi del Partito. (…) Vogliono colpire i nostri quadri bolscevichi con misure repressive e vogliono seminare dubbi e sospetti eccessivi nelle nostre file. (…) E’ il momento di capire che la vigilanza bolscevica consiste soprattutto nella capacità di smascherare un nemico, indipendentemente dalla sua intelligenza e dalla sua astuzia, indipendentemente dalla sua copertura, e non consiste nell’epurazione indiscriminata e “a casaccio” di decine e centinaia di persone, di chiunque si arrivi a colpire. (…) Occorre porre fine alle espulsioni di massa e indiscriminate dal Partito e adottare un approccio veramente individualizzato e differenziato nella questione delle espulsioni dal Partito e della reintegrazione delle persone espulse come membri a pieno diritto”
Possiamo dunque concludere dicendo che le purghe furono il punto più alto della lotta di classe in URSS, o meglio il momento più aspro di lotta in cui tutti gli elementi interni ed esterni delle classi sfruttatrici comparirono sotto altre forme (complotto, sabotaggio, infiltrazione) e vennero represse dal regime sovietico. Ciò dimostra che nel socialismo la lotta di classe non si affievolisce come volevano far credere certi burocrati opportunisti (vedi Krusciov), bensì la classe borghese agisce in modi diversi per danneggiare il sistema socialista. O ci si difende e si vince o si soccombe alla resistenza controrivoluzionaria. La storia l'ha dimostrato.


Aleksei
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