La concezione leninista del Partito

La concezione leninista del partito


Per fare la rivoluzione ci vuole un partito rivoluzionario. Senza un partito rivoluzionario niente rivoluzione. Il partito non può essere altro che il partito di una classe. Il partito della classe operaia è la coscienza complessiva degli interessi e degli obiettivi strategici e tattici della classe operaia. Il partito è l'avanguardia cosciente della classe operaia, il reparto avanzato della classe, organizzazione d'acciaio, organizzazione suprema che deve dirigere tutte le organizzazioni e i movi¬menti delle masse. Il partito conosce la prospettiva rivolu¬zionaria, i compiti della guerra rivoluzionaria, il piano scientifico della rivoluzione: non può esistere un partito come reparto supremo senza la teoria rivoluzionaria. La teoria rivoluzionaria riassume sistematicamente le esperienze storiche della rivoluzione e il pensiero che è sorto dalla pratica complessiva della lotta rivoluzionaria. Oggi esiste una teoria rivoluzionaria completa e organica sviluppata nel corso delle esperienze storiche della rivoluzione, che ha raccolto tutte le esperienze complessive, ed è elaborata ad un livello superiore dal pensiero di Mao Tse-tung.
Il marxismo-leninismo-maoismo è la teoria che guida il partito della classe operaia. Il Partito comunista non potrebbe avere il pieno possesso della teoria rivoluzio¬naria se non fosse costantemente legato alle masse, penetrato in esse e se non usasse la teoria al servizio della pratica, assimilandola partendo dal lavoro pratico, usando la teoria per dirigere il lavoro pratico. Vi sono due atteggiamenti diversi nei confronti della teoria: la borghesia, con la sua concezione metafisica, subordina la pratica alla teoria (i borghesi assimilano la teoria per conservare e non per trasformare); i comunisti, i proletari hanno uno scopo fonda¬mentale, che non è quello di conservare ma è quello di trasformare e poiché vogliono trasformare, assimilano i pensieri e le teorie allo scopo primo e fondamentale di trasformare nella pratica, combattere e riportare vittorie.
Questo vuole dire che la teoria si rigenera costantemente e costantemente si riflette e cresce in rapporto ai compiti pratici del presente, alla realtà concreta che deve essere diretta e trasformata. Il partito della classe operaia italiana deve possedere una teoria rivoluzionaria marxista-leninista e applicarla creativamente alle condizioni concrete della rivo¬luzione socialista del nostro paese. Bisogna sempre saper far fronte ai nuovi problemi che si pongono nella guerra rivoluzionaria assumendo il giusto atteggiamento nei confronti della teoria. I comunisti sono contro la difesa astratta della teoria, contro il soggettivismo che non fa comprendere la realtà dei problemi concreti. Ma la teoria è indispensabile: senza la teoria la pratica sarebbe cieca, senza la teoria la pratica ricommetterebbe costantemente gli errori già com¬messi, che sono già stati superati, che costarono già sacrifici alla classe operaia. Nella teoria sono presenti le correzioni degli errori, è presente un'idea generale della pratica.
Lo spirito lungimirante, la capacità di dare risposte vere, giuste ad ogni problema concreto che si pone può solo essere creato da una profonda preparazione teorica dei membri del Partito comunista, da un pieno possesso da parte del Partito comunista della teoria rivoluzionaria.
Il Partito comunista è l'organizzazione, l'avanguardia, formato da una serie molteplice di organizzazioni interne al partito e di organizzazioni aderenti al partito. Lenin elaborò e fece trionfare la sua concezione del partito nella lotta contro i menscevichi, contro gli opportunisti, i codisti, contro tutti coloro che non sanno assumersi la responsabilità di essere avanguardie dirigenti in rapporto al movimento reale.
Lenin respinse l'idea del partito aperto e libero alle masse, l'idea del partito senza confini precisi. Il primo scontro frontale per l'affermazione della concezione leninista del partito fu una lotta tra Lenin e i menscevichi. Si trattava di stabilire chi ha diritto di entrare nel partito. Lenin diceva: chi accetta il programma del partito e lo applica coerente¬mente militando in un'organizzazione di partito in modo stabile. I menscevichi dicevano che fa parte del partito chi ne accetta il programma.
Per Lenin il partito è un partito di militanti e i membri del partito hanno il dovere di dedicare la propria attività, la propria vita alla lotta rivoluzionaria, di disciplinarsi all'interno del partito; si tratta quindi di un partito di elementi scelti, un partito a cui non possono aderire tutti gli scioperanti, ma un partito a cui possono aderire solamente coloro che sanno svolgere un ruolo comunista nello sciopero, nelle lotte.
Perché è necessario un partito così ben definito e non un partito aperto a tutti? Perché l'avanguardia cosciente della classe operaia, organizzata nel suo partito, ha bisogno di elevarsi al di sopra della coscienza minima delle masse, per intervenire attivamente con un'azione rivolta ad elevare nella lotta la coscienza delle masse al livello della coscienza del partito. Per fare questo, diceva Lenin, non si può abbassare il partito al livello della coscienza delle masse. Perché il partito riesca a dirigere nella lotta le masse e a condurle ad elevare la loro coscienza, è necessario che il partito sia composto da elementi coscienti. La disciplina, la caratteristica stessa del Partito comunista, il centralismo democratico, la forma specifica con cui la classe operaia combatte, è indi-spensabile perché si affermi costantemente il carattere proletario e di classe del Partito comunista.
Senza il centralismo democratico risorge la libertà di critica e il confronto di idee in astratto che portano inevita¬bilmente al dominio di elementi borghesi e piccolo-borghesi, di elementi che fanno uso delle idee e del dibattito per il loro proprio individualismo e non per il disciplinato scopo di servire la pratica e la lotta di classe. Nel centralismo si garantisce l'obbligo di subordinare il dibattito, la ricerca e le idee allo scopo centrale di servire la rivoluzione. Nel centralismo si garantisce la vigilanza proletaria contro coloro che non vogliono servire la rivoluzione, contro gli agenti del nemico, le spie della borghesia, gli elementi borghesi incalliti, contro tutti coloro che non si vogliono porre dal punto di vista della classe operaia. Senza stabilire questa discriminante di classe, che può essere stabilita solo dal centralismo, non vi può essere democrazia nel partito. Non esiste centralismo democratico quando vi è la borghesia nel partito, quando esiste il gioco individualista borghese volto a dividere il partito, a staccarlo dalla pratica, a staccarlo dalla classe operaia.
Lenin precisa chiaramente come deve essere costituito il partito del proletariato: il Partito comunista deve essere formato da una forte e centralizzata struttura di rivoluzionari di professione e da una vasta rete di organizzazioni di base e operaie appoggiate dalla simpatia di milioni di lavoratori. Il Partito comunista ha profondamente a cuore tutte le esigenze di organizzazione delle masse; il partito quindi non ritiene esauriti i suoi compiti organizzando se stesso ma ha come programma costante quello di organizzare tutte le masse in lotta. Per questo il partito si appoggia su una serie innumerevole e multiforme di organizzazioni aderenti al partito e non aderenti al partito, nelle quali il partito interviene, di organizzazioni di massa utili alla lotta delle masse.
Il partito aiuta ed appoggia il sorgere di ogni organizza¬zione, dalle organizzazioni economiche della classe operaia fino ai circoli dei giovani studenti e degli intellettuali, ai gruppi dei simpatizzanti del partito e ad ogni altra possibile forma utile per la lotta.
Non possono però entrare nel partito certi elementi piccolo-borghesi e intellettuali, nella misura in cui essi mantengono atteggiamenti individualisti di distacco dalle masse, di rifiuto del lavoro pratico, di indisciplina, di anarchia. La disciplina è una scelta consapevole, è la scelta degli intellettuali che si pongono dalla parte della classe operaia, è la scelta degli operai che decidono di lottare alla testa del movimento rivoluzionario. La disciplina viene accettata, consapevoli che senza disciplina non è possibile la conquista della libertà. Sbagliano coloro che vedono nel partito la realizzazione della loro libertà individuale, il posto dove si può parlare e chiacchierare e fare quello che si vuole. Nel partito si sceglie la disciplina per realizzare l'unica, vera libertà che è quella realizzata dalla rivoluzione, dalla dittatura del proletariato, dalla lotta di classe.
La democrazia nel partito è importante, senza democrazia non vi è partecipazione creativa, attiva, entusiasta dei membri del partito. La democrazia è necessaria anche per riuscire a individuare le idee errate, ad aiutare a correggere gli errori, a realizzare l'assimilazione della linea politica e il pieno legame della linea politica con il lavoro pratico. La democrazia è dunque il mezzo necessario per realizzare il pieno sviluppo della disciplina perché la disciplina non può che essere una scelta consapevole.
Il rapporto che lega la democrazia al centralismo ha caratteristiche precise che sono: la subordinazione dell'indi-viduo all'organizzazione; la subordinazione della minoranza alla maggioranza; la subordinazione dell'istanza inferiore alla istanza superiore; la subordinazione di tutti i membri del partito al Comitato centrale. E quindi la subordinazione della parte al tutto, della periferia al centro e la necessità che il partito incominci la sua costruzione dal centro e si sotto¬ponga costantemente alla verifica dell'esperienza pratica di tutti i militanti nel lavoro di massa.

Carre, Commissario del Popolo d'Istruzione
Repubblica Popolare Sovietica
 
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